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Come fa Google a decidere come posizionare i risultati di ricerca

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Se ti stai chiedendo quali fattori di posizionamento prende in considerazione Google per decidere come indicizzare e ordinare i vari siti nel ranking, sappi che sono almeno 200.

Ma naturalmente ce ne sono alcuni che sono molto più importanti di altri e sono destinati a fare la differenza nel corso del tempo. Alcuni di questi fattori influenzano la posizione in modo inequivocabile, nel senso che agire su di essi comporta un aumento della presenza su Google oppure una perdita di posizioni. Questi cambiamenti di posizione nell’indice possono essere drastici e avvenire nel giro di pochi giorni, ma dipende anche dai livelli di indicizzazione del sito.

In questo articolo segnalo i più importanti fattori di posizionamento, confermati o meno da Google, ma che sono studiati dalla comunità SEO e che vengono considerati come effettivi e in vigore negli algoritmi del motore di ricerca.

Ciò che devi sapere è che rispettando le buone pratiche SEO relative a questi fattori, di sicuro otterrai un buon posizionamento.

I fattori di posizionamento tradizionalmente si dividono in fattori on page e fattori off page. Vediamo la differenza.

  1. Nei fattori on page ciò che puoi modificare e ottimizzare è sulle pagine del sito, all’interno del codice HTML. Ovviamente se utilizzi piattaforme di gestione dei contenuti come WordPress, i plugin SEO interverranno direttamente sul codice HTML, rendendo superfluo il fatto che tu conosca il codice. Basterà compilare delle caselle e il gioco è fatto.
  2. I fattori off page riguardano dei parametri esterni al sito. Questo è dovuto al fatto che per l’algoritmo PageRank, il valore di una pagina web e di un dominio nel complesso, deve trovare in qualche modo delle conferme all’esterno, sulla rete. Ma deve esserci anche una concomitanza tra la veridicità delle informazioni contenute in un sito e quanto si trova sul web a proposito dello stesso o dell’entità / persona che esso rappresenta.

È evidente che tu, in quanto proprietario di un sito di qualsiasi natura (aziendale, blog, e-commerce, professionale) hai molto più controllo sui fattori on page, ma che sia anche tuo compito e dovere tenere sotto controllo, e in qualche modo influenzare, i fattori off page e quindi il valore complessivo del sito per come viene calcolato sulla rete, attraverso il PageRank e dei meccanismi di valutazione della fiducia e dell’autorevolezza complessiva.

A volte c’è in gioco la propria reputazione o la correttezza di una informazione non solo il raggiungimento di una posizione in una data ricerca.

I fattori di posizionamento on page

Presenza della keyword nel title tag

Il meta name title, a volte chiamato impropriamente meta tag title, ha lo scopo primario di indicare al motore di ricerca Google l’argomento di cui tratta una pagina, il suo contenuto, di qualsiasi tipo. Esso viene visualizzato sia sul motore di ricerca, nella pagina dei risultati, normalmente di colore blu, sia in alto nella finestra del browser.

A livello tecnologico dunque il motore di ricerca riprende ciò che il browser gli sta dicendo, il browser prende il title dal codice HTML nella sezione head. Tu puoi modificare l’indicazione per il browser ottimizzando il title in modo che contenga la parola chiave o frase per la quale intendi posizionarti.

Gli studi hanno dimostrato che vale un principio di prossimità: la parola chiave deve essere presente all’inizio del title. E per evitare sprechi o titoli troppo lungi o zeppi di parole chiave, è meglio tenersi al di sotto dei 60 caratteri, con un titolo secco che dica in modo chiaro e netto cosa c’è nella pagina.

I title tag devono essere unici.

Keyword citata nella meta description

Il meta tag description di norma va di pari passo con il meta tag title e corrisponde una vera e propria descrizione di ciò che si trova nel contenuto, una sorta di breve riassunto di ciò che l’utente trova all’interno della pagina, quando la vede indicizzata su Google.

Al pari del meta title, anche la description – infatti – compare nei risultati di Google sotto forma di breve testo introduttivo, non più lungo di 140-160 caratteri. Meglio essere coincisi.

Si dibatte molto sulla validità effettiva della meta descrizione come fattore esplicito di posizionamento. Ma è consigliabile considerarlo come tale per due motivi:

  • Una buona descrizione può influenzare positivamente il numero dei clic degli utenti da motore di ricerca.
  • L’aumento dei click da Google può far crescere il traffico e il livello di coinvolgimento dell’utente sul sito, con benefici indiretti sul posizionamento.

Uno studio ha dimostrato che Google riscrive il 70% delle meta description e secondo Google non è un fattore di posizionamento, nonostante sia utile per i motivi sopra illustrati.

Parola chiave sui titoli H1

Il titolo principale del contenuto è quello che si trova nella sezione body del codice html e non nella sezione head. Questo vuol dire che non è rivolto al browser, ma all’utente. Hai presente il titolo di un articolo di un giornale su un sito? Quello è un titolo H1 che puoi quindi modificare senza l’ausilio di un plugin SEO, ma agendo sull’editor o direttamente sul markup HTML all’inizio del testo.

H1 definisce la tipologia e l’importanza attribuita al titolo: H sta per heading, quindi titolo, mentre 1 identifica il fatto che a livello grafico e visivo è quello più grande rispetto ad altri titoli e al testo dei paragrafi.

Inserisci la keyword nel titolo del tuo contenuto.

Capita spesso che il titolo H1 corrisponda al meta name title. In WordPress è così e per differenziarli devi usare un plugin SEO. Ma il consiglio è di farli coincidere lasciando le impostazioni di default. Agire sul meta name title comporta cambiamenti più drastici che agire sul titolo H1, per cui valuta con attenzione come sfruttare al meglio queste due armi.

Keyword nei sottotitoli formato H2, H3, H4…

Una buona regola di scrittura vorrebbe che il testo venisse suddiviso in paragrafi, a loro volta introdotti da sottotitoli minori di importanza rispetto al titolo principale H1. Conviene usare la keyword nei sottotitoli? Per evitare problemi di ripetizione meglio usare delle parole chiave correlate o che specificano nel dettaglio la parola chiave principale.

I sottotitoli vanno usati avendo in mente una struttura gerarchica del testo.

Parola chiave presente nel testo

La keyword o frase che hai scelto deve essere presente anche nel testo. Quante volte? Non troppe e soprattutto il testo non deve essere costruito intorno alla parola chiave quanto piuttosto contenerla in modo naturale.

Va inserita nel paragrafo introduttivo e in quello finale e richiamata qua e là quando è necessario rafforzare il concetto. Ha più importanza che la parola chiave sia accompagnata nel testo da un lessico proprio dell’argomento di cui parli. E che non appaia dunque fuori contesto o circondata da termini che non sono propri dell’argomento di cui si scrive.

Lunghezza e completezza dei contenuti

Degli studi correlati hanno dimostrato che Google preferisce nel posizionamento i testi lunghi a quelli brevi. Il thin content è un fattore che può giocare contro: cioè un contenuto di scarso valore che non dice nulla, non dà informazioni e non aggiunge nulla a quanto già presente in rete sull’argomento.

Un testo esaustivo che previene le obiezioni, fornisce risposte coerenti e complete è destinato a posizionarsi meglio di uno incompleto, che gira intorno all’argomento senza andare nel dettaglio.

Attenzione però: se è vero che è meglio scrivere contenuti lunghi, a volte la query dell’utente (la ricerca) richiede risposte brevi e secche. In questi casi Google fornisce la risposta già sulla pagina dei risultati (SERP). Ne deduciamo che non devi posizionarti per parole chiave alle quali può già rispondere Google aggregando i dati.

Entra invece nel merito dell’argomento e scegli parole chiave per le quali puoi fornire informazioni esaustive che risolvono dei problemi all’utente.

Quanto deve essere lungo un testo per posizionarsi meglio? Vai dalle 1200 alle 1800 parole per sicurezza. Ma è solo una indicazione di massima.

Attendibilità e coerenza dei contenuti

I contenuti devono essere originali, univoci, cioè non presenti altrove, devono essere attendibili, supportati da fonti esterne (vedi sotto), dare informazioni di qualità, offrire punti di vista interessanti ed essere aggiornati, cioè contenere informazioni che – al momento della ricerca – sono credibili.

Aggiornare i contenuti nel tempo, rivederli e correggerli è una buona pratica per mantenere la coerenza nel sito rispetto alle ricerche degli utenti.

Contenuti in linea con l’intento delle ricerche

I contenuti devono guardare non tanto alle keyword, quanto al reale intento dell’utente. Un esempio spiega subito la differenza.

Se cerco su Google “posizione su Google” voglio conoscere come ci si posiziona o la specifica posizione? Direi la seconda, a questo punto dunque il contenuto che si posiziona dovrebbe essere una pagina che ha un tool di verifica della posizione su Google e non un testo che spieghi cosa è il posizionamento.

Canonical tag indicato per il contenuto

Per evitare problemi di duplicazione all’interno del sito, possibili se si usano soluzioni come WordPress oppure in presenza di e-commerce con tanti prodotti e tante categorie, occorre rendere canonico l’indirizzo. In questo modo Google non considera duplicati dei testi presenti su più pagine.

Ottimizzazione delle immagini lato SEO

Per ottimizzare un’immagine occorre che essa rappresenti come soggetto l’argomento del contenuto. Che il nome stesso dell’immagine corrisponda al soggetto della stessa.

E che, una volta caricata sul sito e richiamata all’interno di un documento, come un articolo, una scheda prodotto o una galleria, si ottimizzi il tag alt o testo alternativo. Il tag alt dice all’utente cosa c’è nella foto se questa non dovesse caricarsi per un problema. È un principio di user experience che puoi sfruttare lato SEO inserendo propria la keyword in almeno una delle immagini caricate.

Presenza della parola chiave nell’URL

Ogni file presente sul web ha un percorso o indirizzo. Questo si chiama URL o come si dice in alcuni casi “permalink“. All’interno di un dominio che ha una propria radice (es.: serviziposizionamento.com/) puoi ottimizzare tutto ciò che viene dopo la barra obliqua slash, cioè lo slug (es.: serviziposizionamento.com/seo/ dove /seo/ è lo slug che sto ottimizzando per una categoria).

In sistemi come WordPress, lo slug viene ricavato dal titolo del contenuto, ma puoi ritoccarlo nell’apposita sezione dell’editor, separando le parole con il trattino.

Non devi usare permalink non riscritti che non ti diano la possibilità di personalizzare lo slug.

Puoi rafforzare complessivamente il ranking delle tue pagine linkandole tra loro. Cioè stabilendo dei collegamenti di navigazione incorporati nelle parole chiave. Ad esempio, io potrei linkare questo articolo da un contenuto già presente sotto la keyword “fattori di posizionamento“.

La parola o frase nella quale incorporo il link si chiama “anchor text” cioè testo di ancoraggio e posso sfruttarlo, all’interno del sito, senza problemi per linkare più contenuti da più posizioni. Vedi come fa Wikipedia praticamente in ogni voce.

Ogni volta che pubblichi qualcosa di nuovo assicurato che esso contenga link interni, ma che venga immediatamente linkato da contenuti già presenti. Migliora l’indicizzazione.

Allo stesso modo puoi rafforzare la qualità dei tuoi contenuti, linkando al loro interno delle pagine esterne di altri siti che servono all’utente, per approfondire l’argomento o trovare una fonte originale che stai richiamando.

Fattori di ranking relativi al dominio

Quelli visti sopra sono i fattori on page da applicare ai nuovi e vecchi contenuti che carichi online, perché Google posiziona le singole pagine, in qualunque forma esse siano.

Ma sul posizionamento delle pagine incide anche lo stato complessivo del dominio, dal punto di vista tecnico. Che cioè non siano presenti ostacoli che vanificano quanto di buono fatto a livello di singoli contenuti. Per tenere sotto controllo questi aspetti è bene collegare il sito a Google Search Console.

Stabilità e sicurezza del server

Un server stabile e sicuro garantisce che il sito sia sempre online e quindi raggiungibile dall’utente e da Google. Se il server è sicuro non viene attaccato da hacker che vogliono far scaricare malware agli utenti, a loro insaputa, o reindirizzarli a siti malevoli.

Un server rapido e scattante migliora la velocità di navigazione, influenzando positivamente il ranking su Google.

Il sito deve anche fornire un certificato valido relativo al protocollo di sicurezza HTTPS.

Presenza della sitemap XML

La sitemap è la mappa del sito in formato XML che indica a Google quali contenuti indicizzare. Idealmente vogliamo che solo i contenuti richiamati in sitemap siano indicizzati.

La sitemap va comunicata a Google attraverso l’interfaccia di Google Search Console.

Struttura di navigazione gerarchica e funzionale

La sitemap deve riflettere un’organizzazione gerarchica del sito che va dalla home (index) fino alle pagine meno importanti secondo un principio gerarchico.

Questo principio può essere osservato creando le categorie, ad esempio, sia negli e-commerce, sia nei blog. Da home a pagine interne si deve procedere come dal generico allo specifico, consentendo a Google di andare a fondo dell’argomento.

Evita però di creare eccessivi sottolivelli. Puoi usare una struttura piramidale oppure una struttura a compartimentazioni, cioè a silos.

Controllo della validità degli URL e delle risposte del server

Un sito che presenta una navigazione fluida non porta a vicoli ciechi, collegamenti interrotti, risposte di errori dal server perché magari alcune pagine non sono più disponibili.

Occorre sempre controllare gli avvisi sulla copertura del sito e sulla presenza di errori. Troppi errori e collegamenti spezzati, mancati reindirizzamenti ed errori di percorso possono portare a un declassamento nel tempo.

Velocità del sito da mobile e da desktop

Il sito deve essere veloce e scattante. Per ottenere questo risultato è indispensabile fare scelte grafiche intelligenti e non caricare il sito di elementi troppo pesanti.

Se il sito soddisfa i punteggi dei Segnali Web Essenziali, sui quali influisce anche la prestazione del server fornito dall’hosting provider, allora ci sarà un vantaggio rispetto a siti più lenti.

Leggibilità e ottimizzazione da mobile

La maggior parte delle connessioni a internet avviene attraverso gli smartphone che hanno display ad alta risoluzione, ma più piccoli dei computer desktop e laptop.

I siti devono essere graficamente responsivi, cioè avere un design reattivo che si adatta al mobile e che mantenga la fluidità durante la navigazione, su qualunque risoluzione dello schermo.

Da mobile devono consentire le azioni tipiche di zoom e restringimento, di scroll e touch, evitando che l’utente inavvertitamente tocchi collegamenti non desiderati.

L’inosservanza di questi suggerimenti di UX (user experience) genera degli avvisi di errore da parte di Google, che influenzano il posizionamento nel tempo.

I fattori di posizionamento off page

Per decidere come posizionare i risultati di ricerca durante Google fa ricorso anche a dei fattori esterni alle pagine del tuo sito. Un tuo contenuto non vive isolato nella rete, una volta che viene indicizzato o scoperto dagli utenti.

L’algoritmo più importante, il PageRank, riguarda proprio il punteggio che si riceve da altri siti attraverso un meccanismo di attribuzione e scomposizione calmierato da filtri sempre più rilevanti.

Il PageRank opera su scala logaritmica, per cui, qualità e quantità contano in modo diverso, ma entrambe tendono ad assicurare lo stesso risultato: un punteggio di attribuzione che concorre con gli altri elementi visti sopra e quelli elencati sotto.

Numero di domini che linkano al tuo sito

Il numero di domini che piazzano un link in uscita verso il tuo sito o la tua pagina concorre a migliorare il posizionamento. Più siti ti linkano e meglio è, specie se questi backlink si concentrano sui contenuti forti.

Numero di pagine che linkano al tuo dominio

Immagina un sito forte che ospita più link al tuo dominio da diverse pagine. Anche questo ha un forte risultato in termini di backlink, anche se è sempre meglio avere un profilo diversificato.

La qualità conta come abbiamo detto. L’autorevolezza di un dominio sopperisce alla quantità di backlink. Ricevere link da domini forti aiuta più che riceverli da domini modesti, anche se questi sono maggiori in quantità.

Secondo la comunità SEO ricevere dei link da domini in tema aiuta più che da riceverli da siti non tematici. La nozione di tema può essere comunque molto larga. I giornali online sono siti multitematici e per essere in tema può bastare che sia coerente il solo contenuto che ti linka e non l’intero dominio.

I link nofollow sono backlink (collegamenti) ai quali diamo la direttiva di “non seguire” cioè non trasferire il peso del PageRank in uscita. Google non considera i link nofollow rilevanti nel passare “equity”, cioè valore del PageRank. In sostanza occorre che i link in entrata siano senza parametro nofollow, cioè dofollow, come di default.

Questo punto è dibattuto dato che la rete tende a uniformarsi per effetto della tecnologia e delle mode. Detto ciò un profilo di backlink diversi, provenienti ad esempio da siti diversi, può sembrare più naturale di un profilo manipolato proveniente dallo stesso profilo di backlink (esempio: tutti blog in WordPress).

Leggendo le linee guida di Google, e sentendo cosa dice la comunità SEO, ma anche per esperimenti personali, a contrario si capisce che i link all’interno di contenuti testuali hanno più valore di link nella sidebar o nel footer. Ma ci sono sempre delle eccezioni.

Per quel che riguarda i link all’interno del testo, a influenzarne il valore è anche il contesto, quindi la varietà lessicale all’interno del quale è inserito il backlink.

Keyword presente nell’anchor text

Abbiamo già parlato del testo di ancoraggio o anchor text, in pratica la parola o la frase che incorpora il backlink.

Google punisce un abuso eccessivo dell’anchor text perché è un chiaro segno di manipolazione, ma linkare una pagina o un sito sotto una parola chiave target aiuta tantissimo. Specie se coincide con la keyword presente nel title tag e nel titolo H1.

È stato notato che una certa variazione nell’uso dell’anchor text aiuti più che usare sempre lo stesso, almeno a mantenere il profilo naturale.

Una campagna di backlink fatta bene – seguendo i principi sopra esposti – aiuta il posizionamento.

Per non rischiare penalizzazioni manuali e algoritmiche, sempre possibili quando si esagera o ci si rivolge a fornitori di scarsa qualità con pessimo controllo editoriale, è necessario che il tuo sito sia al di sopra di una immaginaria linea rossa di qualità.

Per superare questa linea occorre che il sito:

  • Sia ottimizzato secondo i fattori on page esposti sopra;
  • Abbia contenuti di valore ottimizzati come indicato;
  • Inizi a sviluppare traffico dopo la pubblicazione dei primi contenuti, che quindi devono essere molto mirati;

La crescita dei contenuti deve andare di pari passo con l’acquisizione dei backlink e tutto deve avere una giustificazione. Pessimi contenuti spinti solo dai backlink prima o poi verranno degradati durante un Core Update. Pessimi backlink su pessimi contenuti spingeranno Google verso la penalizzazione o il calcolo verso il basso con la scomparsa effettiva dall’indice.

Pessimi backlink su buoni contenuti rovineranno quanto di buono fatto in sede di scrittura.

Fattori esterni relativi al dominio

Un impatto sul posizionamento può essere dovuto ad alcune scelte legate al dominio, fin dalla sua registrazione.

Presenza della parola chiave nel nome del dominio

Anni fa questa scelta era plausibile e portava risultati, poi è cambiato tutto. Non ha nemmeno senso e non si trae più alcun vantaggio reale. Il motivo per cui si compravano domini corrispondenti al nome della parola chiave era semplice: sfruttare il nome dominio e quindi la pagina index (home page), notoriamente la più forte in termini di autorevolezza, per posizionarsi.

Ma oggi ci si posiziona meglio con pagine interne tematizzate e ottimizzate in ogni loro componente, come spiegato sopra.

Storia del dominio

Un dominio nuovo fatica a posizionarsi rispetto a un dominio che ha una certa età. Ma l’età non è un limite, basta che il sito cresca nelle modalità espresse sopra.

Se inizi un progetto a partire da un dominio già esistente, magari scaduto, studiane la storia per verificare che non ci siano penalizzazioni o non sia stato troppo fuori tema rispetto ai progetti attuali.

Estensione del dominio

L’estensione del dominio (com, it, net, org) conta fino a un certo punto, ma per un’entità commerciale il .com è meglio che il .org ad esempio. E se l’attività è interamente in Italia forse è meglio puntare sul .it piuttosto che su altre declinazioni. La differenza la farà sempre ciò che c’è dentro, tanto più che ora esistono suffissi di tutti i tipi, alcuni molto tematici.

Localizzazione delle ricerche

In tanti casi le ricerche possono avere un impatto localistico, quindi potrebbero prevalere i fattori di posizionamento relativi al local SEO come:

  • la presenza dell’attività su Google Maps;
  • la presenza di una scheda su Google My Business;
  • aggiornamento e ottimizzazione della scheda;
  • numero e qualità delle recensioni;
  • numero e qualità delle citazioni local.

Per questa nozione rimando alla mia guida sul posizionamento su Google Maps.

Fonti bibliografiche

L'articolo Come fa Google a decidere come posizionare i risultati di ricerca proviene da Servizi Posizionamento.


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